COINVOLGERE CHIUNQUE A FARE DELLE COSE, A PRODIGARSI CON LUI PER GLI ALTRI
Franco Malerba nacque a Terlizzi (Bari), il 1/1/1948,
divenne paraplegico in seguito ad un incidente stradale, subito quando era diciottenne ,durante una uscita serale in compagnia di amici. La vettura sulla quale viaggiava uscìdi strada a causa della velocità, e Franco subì lesioni irreversibili alla colonna vertebrale durante l’estrazione dalle lamiere dell’auto. In quegli anni le conoscenze scientifiche e le tecnologie riabilitative a favore delle persone vittime di traumi da incidenti stradali erano ancora rudimentali, e la conseguenza per Franco fu una paraplegia definitiva.
Malerba visse quindi sulla pelle tutte le drammatiche conseguenze di chi improvvisamente si ritrova in condizione di handicap: la convivenza con la sofferenza e la disabilità fisica; la marginalizzazione improvvisa all’interno del gruppo di amici, con la perdita della possibilità di svolgere le attività tipiche del suo gruppo di riferimento, che fino ad allora lo vedevano protagonista; esclusione dal mondo del lavoro, emarginazione sociale a causa della presenza di barriere architettoniche e della poca sensibilità della società.
Il percorso di emersione alla consapevolezza che la vita non era finita ma si apriva a nuove dimensioni fu lungo e faticoso, e richiese alcuni anni e una determinazione forte, sia da parte di Franco che da parte di persone sensibili che vivevano la diversità dell’handicap non come motivo di commiserazione ma come ricchezza da cui trarre arricchimento.
Era il 1967 quando, dopo diciotto mesi di peregrinazioni fra vari ospedali (Molinette, Maria Adelaide, Santa Corona) e dopo molte sofferenze, Franco si ritrovò bloccato su di una sedia a rotelle, pur essendo giovane e pieno di vitalità. All’inizio non riusciva ad accettarsi, a pensare la sua vita in questa nuova dimensione.
Aveva la ragazza, ma egli stesso l’aveva allontanata, convincendola a non frequentarsi: non se la sentiva più di affrontare una vita a due, pensava di non avere più molto da offrire. Gli amici si erano defilati, dileguati: quando si è poco più che adolescenti, si fa fatica ad accettare una qualsiasi disabilità, e se questa poi implica l’impossibilità a muoversi con le proprie gambe, troppe cose non si possono più fare…
meglio quindi evitare di incontrarsi!
Quindi Franco, un po’ per le sue difficoltà, un po’ per insensibilità altrui, si sentiva sempre più emarginato ed inutile. Le sue gambe erano bloccate, ma per fortuna non il suo cervello: così cominciò a pensare che, poiché non se la sentiva di farla finita, doveva in qualche modo ricominciare a vivere.
Incontrò nuovi amici, giovani come lui e pronti a condividere il loro tempo anche con “uno che non camminava più”, ragazzi che avevano capito che l’uomo è un valore in sé, non è le sue gambe: così Franco ricominciò a uscire di casa, anche se a fatica inizialmente perché gli sembrava che tutti avessero gli occhi puntati addosso a lui, ma presto superò questa fase.
Il segno più evidente della ritrovata voglia di vivere fu l’amore: il 15 settembre del 1970 nel corso degli esercizi spirituali a Arco di Trento con i suoi nuovi amici, incontrò la donna che dopo tre anni sarebbe diventata sua moglie. Da allora la sua vita cambiò, decise di cercare lavoro.
Iniziò alla Casa Ozanam, Pensionato per emigrati. A contatto con tanti giovani, lontani dalle famiglie ed in situazione di disagio si rese conto che poteva essere utile con la sua capacità ed esperienza.
Nel frattempo, era il periodo delle radio libere, fu stimolato ad entrare a far parte del gruppo di collaboratori di Radio Proposta (la radio diocesana), che sarebbe diventata in seguito Radio Incontri. Lavoro in radio dal 1978 al 1993, dividendo dapprima l’impegno con il pensionato Ozanam, quindi occupandosi a tempo pieno della radio, dove affermò la propria personalità, il proprio carisma e la propria professionalità conducendo programmi di forte valenza sociale e intenso contatto con il pubblico.
Il profondo senso di giustizia e di solidarietà, che hanno contraddistinto Franco Malerba, lo portarono ad impegnare il suo tempo nella ricerca di soluzioni ai problemi dei cittadini in situazione di disabilità, in modo da migliorarne la qualità della vita. Con vari gruppi di volontariato si impegnò nella battaglia contro le barriere architettoniche, partecipò alle rivendicazioni per la possibilità di usare i mezzi pubblici da parte delle persone non deambulanti, prese parte alle campagne per la costruzione degli scivoli ai marciapiedi.
Con alcuni paraplegici coraggiosi ed intraprendenti nel 1978 occupò un ex sanatorio sulla collina torinese per sollecitare l’amministrazione a misure specifiche a favore dei traumatizzati midollari: a seguito dell’occupazione si avviò la ristrutturazione di quello che sarebbe diventato il Centro di Riabilitazione Funzionale, che oggi permette interventi coordinati e tempestivi in sinergia con l’unità spinale del CTO.
Nel 1979 Malerba si trasferì nella zona di Ciriè, e il suo attivismo lo fece subito entrare in contatto con altre persone sensibili al problema dell’handicap: nacque così il Gruppo Inserimento Sociale Handicappati che da allora si occupa dei diritti negati dalla nostra società ai soggetti svantaggiati. Tali sono il diritto all’autonomia (accompagnamenti, assistenza, barriere architettoniche), il diritto alla salute (riabilitazione, cure adeguate), il diritto alla socialità ed all’istruzione (CST, scuole professionali) ed il diritto al lavoro.
Nei primi anni dopo la nascita di questa nuova realtà associativa, Malerba con il Gruppo GISH svolse soprattutto un’azione di advocacy, occupandosi della sensibilizzazione e della rivendicazione dei servizi considerati indispensabili per le persone in condizione di handicap, a quel tempo assenti sul territorio di Ciriè e dei comuni limitrofi: la riabilitazione per i cittadini maggiori di quattordici anni, centri diurni per le persone disabili uscite dalla scuola, una adeguata assistenza e sostegno a scuola per gli studenti handicappati, l’abbattimento delle barriere architettoniche limitanti l’accesso ai locali pubblici e la mobilità cittadina.
Nel 1980 Franco poteva dirsi pienamente realizzato come uomo, consapevole che il non avere l’uso delle gambe non influiva sul suo valore e sulla sua capacità di “partecipare” alla vita: gli mancava però un figlio: l’adozione però per un paraplegico non è possibile, l’handicap è un ostacolo; su consiglio di un giudice Franco decise di intraprendere con la moglie la via dell’affido famigliare. Un bimbo in affidamento proviene da situazioni di difficoltà e di disagio: presto Malerba si rese conto della necessità di un gruppo di supporto che sostenesse le famiglie in questo compito educativo e di “cura”, impegnativo e importantissimo. Nel 1983 questa consapevolezza si tradusse nella fondazione, insieme a Mario Debernardis e la moglie, del Gruppo Famiglie Adottive e Affidatarie, seguito da uno psicologo dell’Unità Sanitaria Locale, con funzioni di auto aiuto ma anche di rivendicazione e di “proposta” (ad esempio con la lotta, purtroppo senza esito, per la creazione sul territorio di una comunità alloggio di “prima accoglienza” per minori).
Nel corso degli anni, il gruppo GISH raccolse significativi successi: sul territorio cominciarono a essere strutturati servizi a favore dell’handicap che rispondevano alle esigenze delle persone disabili e delle loro famiglie (Centro di Riabilitazione Funzionale per ultraquattordicenni, Centri Socio Terapeutici, Comunità Alloggio per disabili); ma il diritto al lavoro risultò, e risulta tuttora, essere quello maggiormente disatteso: per la mancanza di percorsi formativi adeguati nelle scuole professionali, per disattenzione del legislatore e diffidenza delle imprese (che, vuoi per incompetenza, vuoi per pregiudizio, ritenevano impossibile l’inserimento lavorativo dei portatori di handicap); soprattutto per le grandi modificazioni che l’organizzazione del lavoro subiva (e sta subendo), nelle imprese a causa dell’innovazione tecnologica e della globalizzazione.
Malerba coagulò intorno a sé, all’interno del GISH e sul territorio, una serie di persone sensibili al problema ed interessate, per esperienza o per passione, a cimentarsi in una nuova “impresa”: dimostrare alle istituzioni ed al mondo delle aziende che un lavoratore disabile poteva essere un “soggetto economico”, produttivo e utile. Per questo Franco attivò tutte le sue energie e la sua rete di conoscenze per raccogliere le risorse necessarie a far nascere una organizzazione capace di stare sul mercato con le sue “gambe”.
Nata con un settore di artigianato in cuoio, in un piccolo retrobottega di un negozio, la Cooperativa “Dalla Stessa Parte” ha progressivamente esteso le proprie attività: nel 1985 attrezzando un nuovo centro, da affiancare all’esistente negozio, dove è nato il laboratorio artigianale del cuoio e dal 1986, i settori di assemblaggio componenti elettronici (DSP Settore Elettronica) ed il settore di manutenzione aree verdi e vivaio (DSP Settore Verde).
Nel 1989 le crescenti esigenze di spazio dovute alla diversificazione delle attività produttive hanno richiesto un ampliamento ulteriore dei locali; si è pertanto ristrutturato un ex tiro a segno militare, concesso in uso dall’amministrazione comunale, e nei lavori è stata coinvolta la cittadinanza attraverso il lavoro volontario di associazioni e singoli cittadini.
Tale struttura è divenuta la sede legale e principale della Cooperativa Sociale “Dalla Stessa Parte”, così evolutasi in base alla legge 381 dell’8 novembre 1991, che proprio da questa nuova normativa ha tratto nuova spinta per il proprio sviluppo, sfruttando l’opportunità di convenzionarsi con gli enti pubblici per l’esecuzione di commesse lavorative, a fronte dell’inserimento nella propria compagine sociale di cittadini disabili.
Malerba di questi anni di sviluppo della cooperativa è stato l’ispiratore e la guida, stabilendo e custodendo i “principi ispiratori” che hanno permesso alla DSP di muoversi con coerenza e sicurezza all’interno di un mondo (quello della cooperazione sociale) in grande fermento ed espansione, perciò sottoposto a grandi tensioni fra “l’aziendalismo” e il “volontarismo”.
Questa funzione di “testimonianza” Franco l’ha esercitata anche nei confronti delle istituzioni, su tutte le tematiche inerenti il disagio: interpellato e interrogato sui molteplici problemi dell’emarginazione e dell’esclusione, ha sempre “levato alta” la sua voce senza timori di sudditanze ideologiche o politiche.
Dalla Stessa Parte ha sempre privilegiato nei suoi servizi e nei suoi prodotti la qualità dell’intervento e la professionalità dei propri operatori; sia che si trattasse dell’addestramento professionale e della formazione al lavoro di cittadini disabili – la propria “missione” aziendale e la propria specializzazione cui dedica importanti risorse nella ricerca, nella sperimentazione e nella formazione continua: offrendo questo importante servizio a favore del Centro per l’Impiego, del Consorzio Socio Assistenziale ed altri enti pubblici del territorio, delle aziende; sia nei lavori offerti al mercato, svolti con i propri soci, svantaggiati e non, in competizione con le aziende operanti nello stesso territorio della provincia di Torino. Per “Dalla Stessa Parte”, essere “aziendalmente capace” ha significato e significa essere sul mercato, in modo competitivo ma “etico”, con la propria produzione (non limitata al settore pubblico ma rivolta anche e soprattutto a quello privato) ed i propri operatori al servizio degli inserimenti lavorativi; è in questo ambito che si esplica la sua “socialità”, ovvero dando ai soggetti svantaggiati dignità autentica di cittadini mediante l’inclusione all’interno del processo organizzativo (cioè produttivo e relazionale) che li rende capaci di generare reddito e pertanto di mantenersi.
Il concetto di “essere azienda” si è inoltre concretizzato in una costante attenzione all’efficacia della progettazione ed alla qualità degli interventi, sempre realizzati privilegiando l’unitarietà dell’individuo: strada questa che ha condotto all’applicazione di procedure ISO9001/2000, ed all’ottenimento della certificazione di qualità.
Il territorio ha riconosciuto queste caratteristiche, e le sue crescenti richieste hanno convinto la cooperativa ad ampliare il proprio intervento sia sul versante produttivo che in quello riabilitativo, attraverso un impegno continuo di miglioramento e di rinnovamento: ciò ha dato origine a nuovi ambiti di intervento come quello dell’impiantistica e quello delle attività informatiche, dove in particolare è stato attivato il progetto “Parlavora” finalizzato al potenziamento della abilità comunicative di soggetti disabili con gravi compromissioni funzionali.
DSP ha inoltre collaborato proficuamente con molte realtà istituzionali del territorio, in qualità di attuatore nell’ambito di progetti finanziati dalla legge 104/92, come partner in progetti europei; ha inoltre attivato interessanti contatti con aziende private, come consulente per i processi di integrazione lavorativa di personale disabile ai sensi della legge 68/99.
E’ questa la grande sfida di questi anni: essere una realtà economica efficiente e flessibile del settore no-profit, capace di coniugare solidarietà ed economicità, umanità e professionalità, dimostrare ciò che fu la profonda convinzione di Franco Malerba, e cioè che ogni uomo, pur con i suoi problemi, è in grado di contribuire con soddisfazione propria ed altrui alla vita sociale e lavorativa. In quest’ottica si colloca anche l’impegno della Cooperativa Sociale Dalla Stessa Parte nella creazione di un consorzio sociale di ambito provinciale con altre realtà no-profit.
Da sempre Dalla Stessa Parte si pone come un elemento di stimolo per il territorio e le istituzioni: sia grazie all’azione di promozione politica e sociale svolta dai propri volontari, sia nella ricerca innovativa di risposte sempre più efficaci per i problemi di inserimento lavorativo dei portatori di handicap.